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DIFENSORE D'UFFICIO E PATROCINIO A SPESE DELLO STATO: SONO LA STESSA COSA?

  • Immagine del redattore: Studio Legale Giorgetti-Latona
    Studio Legale Giorgetti-Latona
  • 15 dic 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 13 gen 2021

No. Contrariamente a quanto spesso si crede si tratta di istituti con logiche e presupposti differenti.


Il difensore d’ufficio è una diretta applicazione del principio costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.) ed è previsto laddove il soggetto sottoposto a procedimento penale non abbia nominato un difensore di sua fiducia. Si tratta di un professionista iscritto in un apposito elenco i cui requisiti sono previsti dalla legge per assicurare la preparazione e la competenza del medesimo (tra i quali: frequentazione di un corso biennale e superamento di un esame finale, assenza di provvedimenti disciplinari, essere in regola con l’attività di formazione professionale…) ed è nominato dall’Autorità Giudiziaria se deve “compiere un atto per il quale è prevista l'assistenza del difensore” (art. 97 c.p.p.).


Essendo una figura prevista dal nostro ordinamento a tutela dell’imputato o dell’indagato, essi , se vorranno, potranno decidere in ogni momento di nominare un difensore di fiducia. Tale atto determinerà la cessazione della nomina del difensore d’ufficio.


Tuttavia, vige l’obbligo di retribuire il difensore d’ufficio per l’attività prestata. In altri termini, in assenza di ulteriori presupposti dei quali diremo tra poco, non verrà pagato dallo Stato.


Cosa diversa è l’istituto del patrocinio a spese dello Stato, previsto per i procedimenti penali, ma anche civili e amministrativi e disciplinato dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (artt. 74-145).


Si tratta ancora di un’applicazione del principio costituzionale del diritto di difesa, ma sotto il diverso profilo dell’impegno da parte dello Stato ad assicurare ai “non abbienti…i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art. 24, comma 3 Cost.) e più in generale a rimuovere quegli ostacoli di ordine anche economico che di fatto limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (art. 2, comma 2 Cost.).


È la legge che definisce quali sono i presupposti per l’accesso a tale beneficio e determina anche le esclusioni. Chi è ammesso al patrocinio potrà nominare un difensore iscritto in un apposito elenco e quest’ultimo sarà retribuito direttamente dallo Stato.


Nei giudizi civili e amministrativi, possono beneficiarne i cittadini italiani e gli stranieri regolarmente soggiornanti al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo e gli apolidi residenti nello Stato, nonché gli enti e associazioni senza fini di lucro e che non esercitano attività economica. La domanda, in carta semplice e sottoscritta dall’interessato, si presenta presso la Segreteria del Consiglio dell’Ordine degli avvocati.


Nei giudizi penali, possono fruirne i cittadini italiani, gli stranieri e gli apolidi residenti nello Stato che siano indagato, imputato, condannato, offeso dal reato e il danneggiato nel caso in cui intendano costituirsi parte civile ed esercitare azione civile per il risarcimento del danno o restituzione derivanti dal reato; il responsabile civile o chi è civilmente obbligato all’ammenda. La domanda di ammissione si presenta presso l’ufficio del Magistrato davanti al quale pende il processo.


In generale, è previsto un limite reddituale annuo, così come risultante dall’ultima dichiarazione, attualmente pari a Euro 11.528,41 (il limite di reddito viene aggiornato periodicamente). In caso di convivenza con il coniuge o con altri familiari, occorre sommare i redditi annui di ciascun componente il nucleo, ma l’ammontare annuo è elevato di Euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi.


Vi sono, tuttavia, alcune eccezioni. Ad esempio, può essere ammessa, anche in deroga ai limiti di reddito sopra indicati, la vittima di specifici reati. Per citarne alcuni: maltrattamenti in famiglia, delitti in materia sessuale, atti persecutori (stalking) nonché, ove commessi in danno di minori, vittime di reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, corruzione e adescamento di minorenni.


Ancora, è tendenzialmente escluso (salvo la possibilità di prova contraria circa il non superamento del limite reddituale grazie alla pronuncia di illegittimità della Corte Costituzionale n. 139/2010) nel caso di soggetti già condannati con sentenza definitiva per alcuni reati tra i quali quello di cui all'art. 73 D.P.R. 309/1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, quello di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e per i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.


Si tratta, in conclusione, di istituti che potremmo definire a tutela del diritto di difesa e dell'uguaglianza dei cittadini. Da un lato, si prevede la nomina di un difensore che presti assistenza tecnica (peraltro obbligatoria nel processo penale) al soggetto che ne sia privo e dall'altro, si offre un sostegno economico a chi rientri nella definizione legislativa di "non abbiente", consentendogli di agire in giudizio e di difendersi.

 
 
 

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